Poesia per Gaza

Pietro Ingrao


Il testo che viene qui proposto appartiene ad uno dei protagonisti riconosciuto – al di là delle appartenenze politiche – della storia e della cultura dell’ultimo secolo, non solo per l’Italia. Pietro Ingrao è scomparso proprio quando questo numero andava in stampa; aveva da poco superato i cento anni. La poesia è di qualche anno fa, quando gli anni erano intorno ai 95, e gli scenari evocati nell’editoriale di questo numero attraversavano una delle loro fasi più drammatiche: per le vittime concrete, locali, palestinesi, ma più a fondo, perché era segno della perdita di senso di una comunità internazionale (incluso e protagonista il nostro Paese, oltre che l’Europa), che rispondeva alla crisi (allora ai suoi inizi), aumentando le guerre e non la solidarietà. I migranti sono uno degli effetti indesiderati previsti, tragici, irreversibili, per morte, distruzione e dignità (NdR).


Guarda:
vedi come ostinate
tornano dal cielo le bombe fiorenti, e furenti
calano sulle strade, spezzano corpi,
ardono case, testarde inseguono
gli stupiti fanciulli,
gridano
cantano l’inno alla morte
senza stancarsi mai…
Chi siete,
perché illuminate le notti,
insanguinate le vie:
perché siete in ansia
perché vi serve la strage degli innocenti
e forse disperate sull’esistere
tornare a cantare la gloria
dell’uccidere di massa,
affidate la pace alla morte… Voi
così senza speranza
se soltanto
l’assassinio di massa può assicurarvi la vita
e solo le maledizioni e le lacrime
possono difendervi.
E non vedete, non sperate
altra salvezza
per l’uomo e per il figlio dell’uomo
che la morte corale.
Voi che venite da un cammino di lagrime
e ora senza lume di tregua
seminate nuovo pianto innocente.
Da lontano
vi scrutiamo impotenti:
e null’altro sappiamo
che invocare da voi l’elemosina della pace.
Noi che veniamo da lotte di secoli
condotte per tutte le terre infinite di questo globo rotondo
in cui dato a noi
fu di vivere,
e sembriamo ora
solo capaci
di educarci all’indifferenza.
O scrutare allibiti.

Pietro Ingrao