L’ultimo turno

Valerio Dimonte

Università di Torino


Per corrispondenza: valerio.dimonte@unito.it

L’ultimo turno, titolo italiano del film Heldin, della regista Petra Volpe, con protagonista principale Leonie Benesch nel ruolo dell’infermiera Floria, sta riscuotendo un successo di pubblico che va oltre i confini della popolazione infermieristica e sanitaria: già questo interesse e coinvolgimento è un importante risultato.

Il film merita di essere visto. Non solo perché descrive in maniera puntuale e minuziosa la situazione critica degli infermieri, ma perché rappresenta la condizione umana di quel microcosmo ospedaliero che vede coinvolti, oltre agli infermieri, altri operatori sanitari, malati, parenti e, sullo sfondo, un’incombente rete organizzativa e amministrativa. Rappresenta l’enorme difficoltà a rispondere alle tante e variegate richieste che provengono dai pazienti, dai parenti, dai medici, dai servizi, dall’organizzazione, dai regolamenti.

Può sembrare sorprendente che la vicenda sia ambientata in Svizzera, considerato un paese con condizioni ideali molto attrattive anche per gli infermieri italiani. Nel film, infatti, l’ospedale appare ben attrezzato, con risorse materiali e tecnologiche adeguate. Ma anche lì mancano le risorse fondamentali: quelle umane. Mancano infermieri, manca più in generale personale addetto all’assistenza. Manca la possibilità di dedicare tempo alla principale richiesta che proviene da malati e parenti, a volte anche in maniera irritante e violenta: essere ascoltati, sentire che c’è qualcuno a cui affidarsi nei momenti critici della vita. Manca il tempo della relazione interpersonale. Manca la possibilità di sentire che qualcuno si sta preoccupando e occupando di te. Quando ne hai bisogno e non secondo i tempi dell’organizzazione. Le richieste si moltiplicano: la richiesta di una terapia antidolorifica o di un colloquio con il medico che tarda ad arrivare; la richiesta inespressa di essere pulita da parte di una paziente confusa; la richiesta di ricevere la terapia antibiotica nei tempi corretti; la richiesta di un tè da parte di un arrogante manager con un tumore ricoverato in una stanza a pagamento; la richiesta dal pronto soccorso di un nuovo ricovero; la richiesta di un intervento urgente. Tutto in contemporanea. L’infermiera Floria è letteralmente bombardata da richieste che si sovrappongono e che richiederebbero, ognuna, un tempo dedicato. La realtà delle cose, però, costringe l’infermiera a posticipare attenzioni e interventi, in un crescendo che con lo sviluppo della trama si fa sempre più ansiogeno, sia da parte della protagonista che dello spettatore.

La figura di Flora, infermiera capace che affronta con professionalità, pazienza ed equilibrio una quotidianità insostenibile, non è la figura di un’‘eroina’, come potrebbe suggerire il titolo originale del film, ma di un’infermiera che crede così fortemente nel suo ruolo, ancorata a forti principi etici e deontologici (significativo lo scontro con un medico che va via a fine turno senza aver parlato con un paziente in attesa di un colloquio), da colmare fino allo sfinimento le carenze organizzative e strutturali del sistema. Ricompensata, alla fine, dal riconoscimento di tutti i personaggi coinvolti, anche di quelli con cui ha avuto scontri aspri, ma col rischio di non farcela, col rischio dell’inevitabile errore di terapia, col rischio che lo sforzo eccessivo porti a un ‘ultimo turno’ lavorativo prima del cedimento.

Questo film si colloca lontano dai classici medical drama, come le serie tv E.R. – Medici in prima linea o Grey’s Anatomy, dove le storie umane si intrecciano a spettacolari interventi medici e infermieristici che risolvono immancabilmente situazioni cliniche difficili e complesse. Qui la protagonista è un’infermiera durante un turno di lavoro ordinario, in una realtà che è fatta di presenza, continuità, presa in carico, risposte a bisogni quotidiani (di attenzione, compagnia, dignità), che aiutano a tollerare, superare, affrontare la malattia.

È un film che prospetta un dramma che non riguarda solo la Svizzera o l’Italia, ma l’intero mondo, se non si affronterà in maniera radicale e creativa il problema della carenza di personale addetto all’assistenza infermieristica, per rispondere a quel bisogno di aiuto che, per ragioni demografiche, epidemiologiche e socioculturali, non fa che aumentare. Il tema è stato affrontato più volte anche nelle pagine di AIR.1-3 Ancora più drammatica risulta la situazione se, oltre alle necessità che emergono negli ospedali, si considerano i bisogni crescenti e prioritari fuori dall’ambiente ospedaliero. I numeri che compaiono in coda al film – milioni di infermieri che mancano oggi e ancora di più mancheranno in tutto il mondo nei prossimi anni, un terzo degli infermieri che abbandona la professione nei primi anni di lavoro – danno la misura di un problema che non riguarda solo gli infermieri col loro sovraccarico di impegno fisico ed emotivo, ma coinvolge tutta la popolazione che si trova, e ancora di più si ritroverà, a dover far fronte ai crescenti bisogni assistenziali con proprie risorse (per chi se lo può permettere).

È un film di denuncia politica, perché il problema può essere risolto solo a livello strutturale, investendo nella sanità pubblica, in una effettiva deospedalizzazione a favore del territorio, nella valorizzazione delle risorse umane, nello sviluppo di competenze specialistiche, soprattutto educative, all’interno di una organizzazione che veda un’articolazione diversificata ed efficace del personale addetto all’assistenza, se non si vuole che il dramma ricada sulle spalle stremate degli operatori sanitari in prima linea e sulla pelle dei malati.

Infine, è un film bellissimo perché, cinematograficamente, tocca sia il cuore sia la mente: emoziona e fa riflettere.

bibliografia

1. Brugnolli A, Dimonte V. Importare infermieri dall’estero: soluzione o problema? Assist Inferm Ric 2024;43:101-4.

2. Saiani L. Si può aumentare il numero di iscritti ai corsi per infermieri? Assist Inferm Ric 2024:43:1-5.

3. Redazione, A cura della. La carenza di infermieri: quando passare dalle parole ai fatti? Assist Inferm Ric 2022;41:50-2.