Non dimenticate Gaza

A cura della Redazione

Summary. Do not forget Gaza. With the text reproduced here, we conclude the series of testimonies that have sought to bring to life, from within and as an essential part of our human development, and therefore of an even deeper sense of professional responsibility, what continues to happen, in an increasingly unspeakable way, in Gaza, which is now, and will forever be, synonymous with the capacity for inhumanity of the civilisation in which we live. The will of Anas Jamal al-Sharif, the journalist killed by the Israeli army in Gaza, reproduced here, was posted on the journalist’s social media accounts by his family.

Key words. Gaza, testimony, last will, violation of human rights.

Con il testo che qui riportiamo, chiudiamo la serie di testimonianze che ha cercato di far vivere da dentro, e come parte essenziale del nostro aggiornamento umano, e perciò ancor più professionale, quanto sta continuando ad accadere, in modo sempre più indicibile, in quella realtà di Gaza che è ormai, e sarà per sempre, sinonimo della capacità di inumanità della civiltà in cui viviamo.

Il testo, che ha il ritmo e la sobrietà assoluta di un poema-salmo, è il testamento di un giornalista assassinato in modo mirato, insieme ad altri, in una tenda che doveva essere formalmente protetta, perché espressione del diritto umano all’informazione su quanto viola il diritto alla vita. Ne hanno parlato i giornali. Come parlano, con distacco, dei bambini che sono diventati vittime privilegiate anche di quell’arma di genocidio più antica, banale, efficace di qualsiasi tecnologia intelligente, la tortura – prolungata fino a morirne – della privazione di acqua, cibo…

Ma nulla di nuovo è successo di fronte alla ovvietà della evidenza di queste morti così ben programmate e volute: dal governo-Stato di Israele, da quello degli Stati Uniti, dal nostro governo-Stato connivente con tutti gli altri che sanno, che potrebbero intervenire, ma non lo fanno.

La conclusione di tale serie di contributi non è in questo senso un ritirarsi. Al contrario: come dice il giornalista nel suo testamento, il sogno di un tempo in cui la vita torni a essere un diritto accessibile a tutti può continuare solo se diventa parte del quotidiano, della memoria e delle pratiche. La professione infermieristica, in tutte le sue declinazioni, ha come quotidiano la cura. Che ha sempre più a che fare, al di là delle prestazioni e delle malattie, con corpi e storie sempre più a rischio di essere considerati/e come presenze ingombranti, da dimenticare o eliminare. Come parte di una guerra-routine per cui sembra sempre più difficile chiedere l’ovvietà almeno di una tregua se non la pace.

Gaza, il suo popolo, la sua storia, al di là di tutte le discussioni fuorvianti su schieramenti ideologici, spesso vuote, ignoranti, offensive, possano così entrare in un silenzio della parola su queste pagine, per essere linguaggio, memoria, sogno di futuro per la nostra professione. La lucida bellezza del testamento di Anas Jamal al-Sharif ci possa accompagnare, per farci ‘giornalisti/e di inchiesta e di testimonianza’ dei diritti di cura-vita, soprattutto quando e dove sono esposti al genocidio lento ed efficace di politiche conniventi e che pensano che le armi siano strumento obbligato di salute economica.

“Questo è il mio testamento, e il mio messaggio finale. Se le mie parole vi sono giunte, sappiate che Israele è riuscito a uccidermi e a mettere a tacere la mia voce.

Prima di tutto, la pace sia su di voi, e la misericordia e le benedizioni di Dio.

Dio sa che ho dato tutto ciò che avevo: la mia forza, il mio impegno, per essere un pilastro e una voce per il mio popolo, fin da quando ho aperto gli occhi per la prima volta nei vicoli stretti e nelle strade del campo profughi di Jabalia. Speravo che Allah mi avrebbe concesso una vita abbastanza lunga per poter tornare, insieme alla mia famiglia e ai miei cari, nella nostra città ancestrale di Asqalan, “al-Majdal”, sotto occupazione. Ma la volontà di Dio è stata più rapida, e il Suo decreto si è compiuto.

Ho vissuto il dolore in tutte le sue forme, ho assaporato la perdita e il lutto più volte, eppure non ho mai esitato a trasmettere la verità esattamente com’era, senza distorsioni o menzogne. Possa Dio testimoniare contro coloro che sono rimasti in silenzio, contro coloro che hanno accettato la nostra uccisione, contro coloro che hanno soffocato il nostro respiro e i cui cuori non si sono mossi di fronte ai corpi fatti a pezzi dei nostri bambini e delle nostre donne, e che non hanno fatto nulla per fermare il massacro inflitto al nostro popolo per oltre un anno e mezzo.

Vi affido la Palestina, gioiello della corona del mondo musulmano e battito del cuore di ogni anima libera su questa terra.

Vi affido il suo popolo e i suoi bambini oppressi, che non hanno avuto il tempo di sognare o vivere in pace, i cui corpi puri sono stati schiacciati sotto migliaia di tonnellate di bombe e missili israeliani, fatti a pezzi, con arti sparsi sui muri.

Vi esorto: che nessuna catena vi zittisca, e che nessun confine vi trattenga. Siate ponti verso la liberazione della terra e del popolo, finché il sole della dignità e della libertà non sorgerà sulla nostra patria rubata.

Vi affido la mia famiglia.

Vi affido la luce dei miei occhi, la mia amata figlia Shaam, che la vita non mi ha concesso il tempo di veder crescere come avevo sognato.

Vi affido il mio caro figlio Salah, che speravo di accompagnare e sostenere fino a quando non fosse stato abbastanza forte da portare i miei pesi e continuare la missione.

Vi affido la mia amata madre, le cui preghiere sono state la mia fortezza e le cui benedizioni hanno illuminato il mio cammino. Prego che Dio le conceda pazienza e la ricompensi grandemente per tutto ciò che mi ha dato.

Vi affido anche la mia compagna di vita, la mia amata moglie, Umm Salah Bayan, dalla quale la guerra mi ha separato per lunghi mesi e giorni, ma che è rimasta salda come il tronco di un ulivo che non si piega. Paziente, fedele e incrollabile, ha custodito il nostro impegno nella mia assenza con forza e fede.

Vi esorto a stringervi attorno a loro e a sostenerli dopo Dio Onnipotente.

Se muoio, muoio saldo nei miei principi. Testimonio davanti a Dio che sono soddisfatto del Suo decreto, certo del nostro incontro, e sicuro che ciò che è presso Dio è migliore ed eterno.

O Allah, accoglimi tra i martiri, perdona i miei peccati passati e futuri, e rendi il mio sangue una luce che guidi il mio popolo e la mia famiglia sul cammino verso la libertà.

Perdonatemi se sono venuto meno. Pregate per la mia misericordia, perché parto mantenendo fede alla mia promessa, senza cambiamento né tradimento.

Non dimenticate Gaza…

E non dimenticatemi nelle vostre sincere preghiere di perdono e accoglienza.

Anas Jamal al-Sharif

06 aprile 2025”